Festa dell'Epifania 1979
- «Sono venuto per annunciare Cristo e porgerlo a tutti»
- Omelia pronunciata nel giorno dell’ingresso a Venezia
- S.E. mons. Marco Cè, patriarca di Venezia
- Venezia
- Basilica di San Marco
- 07-01-1979
- 1979
1. Carissimi,
eccomi in mezzo voi, come vostro vescovo, padre e fratello, per prendere il posto del compianto Patriarca Albino Luciani che il Signore ha voluto innalzare su questa terra, elevandolo al servizio pontificale, come successore di Pietro – ed è stata gioia per tutti gli uomini – e poi ha glorificato, chiamandolo con sé in Paradiso. Ringraziamo insieme Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, e benediciamolo: perché tutto viene da Lui e tutto deve condurci a Lui.
2. Mi direte: come sei approdato a questa Chiesa? Da dove vieni? Miei cari fratelli: un mistero grande si compie oggi in mezzo a noi nella umiltà e povertà. Si adempiono le scritture.
La mia venuta in questa Chiesa non è stata una mia scelta, ma una chiamata, alla quale io ho dato solo l’adesione del mio consenso. Anch’io ho visto una stella e sono venuto. E mi sono lasciato condurre, nella convinzione di giungere così, solo così, ai piedi di Cristo.
Sono venuto a Venezia per adorare Cristo, e deporre davanti a Lui l’oro, l’incenso e la mirra della mia umile esistenza, per la sua Sposa che è questa Santa Chiesa e per tutti gli uomini di questa terra.
Così io so di essere per voi e per tutti il segno e il sacramento dell’amore di Dio e perciò di essere per la vostra speranza, per la vostra pace. Oggi il Signore ci riveste di grazia e di luce e la sua gloria brilla su tutti noi. Io credo che il Patriarca Luciani, vedendo dal cielo questo giorno, gioisca!
3. Io infatti in mezzo a voi altro non vorrei essere che epifania di Cristo; il battistrada che dice: dopo di me c’è Uno più grande di me. lo sono solo un segno; solo una voce che grida: spalancate le porte a Cristo! Permettetegli di incontrarvi, di parlarvi: Lui solo ha parole di vita.
4. Perché sei venuto? Sono venuto per annunziare Cristo e porgerlo a tutti: per offrire tutti a Lui, nel gesto ecclesiale della Madre, nel giorno dell’Epifania. Non solo per alcuni, non solo ai vicini, ma Cristo offerto a tutti. Perché Cristo è per tutti.
Come vorrei che il mio ministero altro non fosse che questo gesto di Maria e qui fosse tutta la mia vita, ogni mia parola, atto e sentimento.
Che altro è un Vescovo se non «il mistero dell’Epifania»: un evangelizzatore dell’unico Nome che salva, una guida che porta a Lui nella potenza dello Spirito, per offrire con Lui tutto al Padre come sacrificio spirituale? Annunziare Cristo a tutti: in ogni luogo, traducendolo in tutti i gerghi umani, proclamandolo a tutte le culture, per fermentarne tutta la storia, perché Lui ne liberi e ne illumini tutti i valori, riscattandoli dall’ingiustizia che li rende schiavi, per celebrarne l’apertura del Regno.
5. Ma annunziare Cristo non è compito esclusivo del Vescovo, bensì di tutta la Chiesa che noi insieme formiamo e insieme siamo. Dall’annunzio del Cristo la Chiesa è convocata e per l’annunzio essa esiste.
Per cui: se la Chiesa è per annunziare Cristo, compito del Vescovo è far sì che, nella Chiesa, tutti annunzino e nessuno taccia il suo santissimo nome. E io sono stato mandato in mezzo a voi proprio perché tutta la nostra Chiesa e tutti della nostra Chiesa annunzino l’unico nome che salva. Ciascuno col proprio dono, nel proprio luogo, con la propria lingua, nella propria cultura e alle proprie cose. Quel nome di Cristo libera, sana; che non è alternativo alle cose, ma gode della loro consistenza, in essa si riflette e tutte le cose apre a quell’adempimento per cui sono fatte, che Dio solo può dare e darà.
Ancora: la nostra Chiesa, proprio perché presa da Cristo e impegnata ad annunziarlo, pur consapevole di essere solo pellegrina nella storia, deve sapere d’essere fin d’ora depositaria di una grazia che non le appartiene; è vita divina, trinitaria. È Amore e va donato. E in forza di questo amore, effuso in Lei dallo Spirito, la Chiesa deve far proprie le gioie e le sofferenze del mondo (GS n. 1) e deve porsi a servizio dell’uomo, come Dio lo ha voluto e lo ha amato: l’uomo, nella sua irrepetibile unicità e nel suo destino di grazia. Per cui niente di ciò che è umano è estraneo alla Chiesa, perché non è estraneo a Cristo; e tutto ciò che offende l’uomo deve esser rifiutato dalla Chiesa, perché offende Cristo che, a Natale, si è fatto uomo (cf. Mt 25,31-81 e il Messaggio natalizio di Giovanni Paolo II). Ebbene: io sono stato mandato in mezzo a voi per ravvivare nel cuore di tutti la consapevolezza che la Chiesa, come Gesù, è per la salvezza dell’uomo, secondo il progetto di Dio.
6. Non chiedetemi, fratelli, con quale programma io venga in mezzo a voi. Chiedetemi di essere docile al Signore per accogliere, promuovere e custodire quella Chiesa che Lui stesso, con i suoi doni spirituali, costruisce in mezzo a noi. Chiedetemi di aiutarvi ad essere anche docili allo Spirito, per costruire quella Chiesa che Lui attraverso voi, come pietre vive, vuole costruire. Chiedetemi di essere fedele. Tutti insieme, fratelli miei, dobbiamo essere prima di tutto e in ogni cosa fedeli: credenti, adoranti, obbedienti a Dio. Dove non c’è fede, adorazione, obbedienza, non c’è Chiesa. Fedeli a Dio nell’obbedienza al Vangelo, perché lì è la parola di Dio che ci crea, ci guarisce, ci costruisce, ci salva e ci giudica. Non c’è fede, non c’è adorazione vera, non c’è obbedienza a Dio, non c’è Chiesa dove non c’è fedeltà al Vangelo. Una fedeltà umile, docile e totale. Come quella di Maria che custodiva le parole nel cuore. E poi una seconda fedeltà: la fedeltà al dono di grazia che è la Chiesa, a cui siamo debitori, perché la Chiesa a sua volta sia ancella, figlia e sposa di Cristo. Fedeli all’immagine della Chiesa che ci ha dato il Concilio, il grande catechismo che ci supera tutti e deve piegarci all’obbedienza; la strada che ha segnato lo Spirito, secondo la quale tutti insieme dobbiamo camminare. E ancora, fedeli al servizio dell’uomo nell’amore, sull’esempio di Cristo e della sua grazia, perché tutti gli uomini, il mondo e la storia si aprano al regno, che Dio compirà in noi, Lui che è benedetto nei secoli. In questo impegno di fedeltà e di docilità noi abbiamo la certezza di essere condotti dallo Spirito a trovare insieme la strada delle cose da fare, che siano vere, secondo Dio e utili all’uomo.
7. Per cui, fratelli miei, venendo da voi, io non ho altra ambizione che questa: portare ogni giorno questa Chiesa ai piedi di Cristo, il Signore, come sua sposa, offrirla al Padre, unita al suo Sposo, per la vita e la salvezza dell’uomo. Una Chiesa tutta centrata su Cristo, plasmata dal suo Spirito sul Vangelo: segno di Cristo, sua memoria viva in tutto quello che è e in tutto quello che fa, suo sacramento, suo trofeo e suo inno.
Una Chiesa che Cristo stesso impalma nel Sangue, ponendole come anello nuziale il Vangelo; sua veste la fedeltà; suo statuto la sequela; sua legge l’amore; suo impegno la pace; sua passione l’uomo e la storia da salvare. Per essere così, sempre di più ad ogni Eucaristia, per la lode del Padre, in attesa della venuta, ultima e definitiva dello Sposo: vieni, Signor Gesù!
8. Cosi, a questo punto, la mia povera esistenza, appartiene al mistero di questa Santa Chiesa «ad convivendum et ad commoriendum». Avrò certo bisogno di molta comprensione e indulgenza e di molta preghiera.
9. Il Signore mi chiama a succedere al patriarca Albino Luciani, che fu, anche se per brevi giorni, Pastore Supremo della Santa Chiesa universale, a consolazione e speranza di tutti gli uomini. Il suo nome è scritto nel cuore di tutti e noi amiamo credere alla sua paterna presenza accanto a noi in questo momento, davanti a Dio. Pregate per me, perché sia sempre docile alla grazia, e seguendo l’umiltà, lo zelo, la fedeltà che lo caratterizzarono, io cammini sempre davanti al volto di Dio fino al giorno del mio incontro festoso col Cristo. Intercedano per me i miei santi predecessori: interceda san Pio X e il Servo di Dio papa Giovanni XXIII che proprio vent’anni fa veniva eletto al Supremo servizio ecclesiale, e annunziava al mondo l’ispirato proposito d’un Concilio ecumenico: Lui mi ottenga la pace nell’obbedienza, mi dia il coraggio di credere, l’audacia della fiducia piena nella Chiesa quale il Concilio l’ha proposta. Intercedano per me san Lorenzo Giustiniani, tutti i santi patriarchi che mi hanno preceduto; intercedano i martiri e i santi di cui questa Chiesa custodisce la memoria. Interceda il mio grande Patrono e Protettore di questa terra, san Marco, e faccia a me e a tutti il dono e la grazia della passione per il Vangelo.
10. Così ora il mio cuore si apre a voi, fratelli, figli carissimi di Venezia, per salutarvi. Vorrei potermi rivolgere a ciascuno di voi, quasi chiamandovi per nome, nessuno escluso. E con voi saluto tutte le genti venete, questo popolo operoso, audace e tenace.
Mi è caro inviare, insieme a voi, in questo momento, un pensiero di saluto e di affettuosa devozione al papa Giovanni Paolo II che mi manda a voi, perché sia vostro vescovo, padre e fratello.
Saluto tutti coloro che sono costituiti in autorità e svolgono con onestà e lealtà il servizio del bene comune, a qualunque livello e, oggi, spesso, con sacrificio e li ringrazio per la loro presenza e la loro cordiale accoglienza. Per tutti auspico prosperità, pace e buon successo per l’opera a servizio della comunità.
Saluto questa Santa Chiesa in tutti i suoi figli con i loro doni e i loro ministeri e i loro organismi di partecipazione ecclesiale. Saluto Lei, monsignor Bosa, fedele interprete della passione pastorale del patriarca Luciani, che in questi mesi ha portato il peso più grave, con umile fedeltà al dovere, per il bene di questa Chiesa. A Lei e ai suoi collaboratori degli organismi diocesani il grazie più sincero e la considerazione doverosa del Vescovo. Saluto tutti i fratelli presbiteri e i generosi giovani che nel Seminario si preparano a diventarlo. Vorrei potervi dire quanto custodisco in cuore per voi, che portate, giorno per giorno, la fatica della vigna del Signore. Un pensiero particolarissimo vorrei inviare al confratelli che, con scelta coraggiosa, lavorano nelle lontane terre del Brasile e dell’Africa; come vorrei ricordare i vescovi e i sacerdoti veneziani che operano in altre parti della Chiesa.
Saluto i Religiosi e le Religiose, di vita contemplativa e attiva e li ringrazio per la preghiera, per l’aiuto e la collaborazione che danno alla vita pastorale della diocesi, e ancor più rendo grazie al Signore per aver dato a questo Chiesa una schiera così numerosa di uomini e donne che seguono il Signore Gesù nella fedeltà ai Consigli Evangelici, e testimonianza del Regno.
E saluto tutti i fratelli e sorelle della comunità valdese e metodista, ortodossa, anglicana e luterana e quanti servono il Signore nella diffusione della sua Parola: ci conceda il Signore di camminare nella carità, in piena fedeltà al suo Evangelo, perché la comunione con Lui e fra noi sia sempre più piena.
Saluto le famiglie, cellula della Chiesa e sacramento vivente e ovunque presente dell’amore di Dio per l’uomo. Saluto gli ammalati che portano in sé le stimmate della passione di Cristo a vita della Chiesa. Saluto tutti i lavoratori di Venezia, di Mestre, di Marghera, dell’agricoltura e del turismo: il vostro Vescovo, presentandosi a voi come l’annunziatore del Vangelo vuole dirvi che nel Vangelo c’è la forza e la spinta per la promozione di tutti i valori dell’uomo. Saluto voi giovani; voi in particolare che affacciandovi al lavoro e volendovi formare una famiglia, vi sentite respinti e spesso soccombete. Io non ho soluzioni per i vostri problemi, ma il Vangelo dà voce potente alla vostra richiesta di un mondo più giusto, più ospitale, più vivibile. Non vi prenda lo sgomento. Sappiate trarre dalla fede la speranza e la forza per operare affinché il meglio avvenga. Il vostro Vescovo vorrebbe convocare intorno ai vostri problemi – che sono i problemi della società di oggi – la solidarietà di tutta la comunità cristiana. Infine saluto gli ospiti e saluto tutti, anche quelli che, per qualunque motivo, non sono qui. Vorrei che tutti stasera fossero raggiunti dalla parola cordiale di rispetto e di umana fraternità e da un augurio di pace e di bene di questo servitore del Vangelo che giunge ora in questa vostra terra con intenti di pace.
11. Ora mi sia consentito anche, prima di concludere, di esprimere una parola di commiato dagli amici di Izano, di Crema, di Bologna e dell’Azione Cattolica che hanno voluto accompagnarmi fin qui e con coloro che in questo momento sono uniti a noi nel ricordo affettuoso e nella preghiera. Saluto e ringrazio le gentili Autorità di Izano e di Crema. A tutti i fratelli della mia terra – santa e amata da Dio, così ricca di doni – io dico: custodite la fede che fu dei nostri Padri e siate sempre unanimi nella carità intorno al vostro vescovo: la sua dedizione alla Chiesa sia vanto di tutti noi. Siategli sempre di consolazione e di conforto.
Saluto i fratelli della Chiesa di Bologna, dove ho speso con gioia e fra tanta amicizia le primizie del mio ministero episcopale. Salutate l’arcivescovo che tanto fatica per il Vangelo con i vescovi suoi collaboratori; salutate tutti i fratelli e le sorelle, le Case della Carità e coloro che servono i poveri, ricchezza di Cristo; salutate i presbiteri, i diaconi, i catechisti e quanti alzano le mani supplici nella continua preghiera.
E infine saluto voi, fratelli carissimi dell’Azione Cattolica. In questi anni abbiamo, camminato insieme, spronandoci e sostenendoci, perché tutta la nostra vita fosse al servizio del Vangelo. Noi abbiamo creduto al Vangelo come unica salvezza del mondo; noi abbiamo creduto alla sua potenza promozionale nei confronti dell’uomo e di tutti i suoi valori; noi abbiamo maturato la convinzione che nel mondo secolarizzato di oggi senza il contributo dei laici non si evangelizza; noi abbiamo proclamato che nella testimonianza cristiana dei laici impegnati nelle realtà secolari c’è la salvaguardia dei valori più grandi dell’uomo, della vita e della democrazia. Abbiamo combattuto la buona battaglia della fede, per riscattarla dalle riduzioni del privatismo. Continuate nel cammino che avete intrapreso perché «la Parola del Signore si diffonda e sia glorificata» (2Ts 3,1): il Vangelo infatti è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16).
12. Ed ora fratelli di Izano e di Crema, di Bologna e dell’Azione Cattolica, ritornate alle vostre case e alle vostre Chiese. Come vorrei trattenervi ancora un poco, parlarvi ancora ad uno ad uno, ricambiandovi l’amicizia che vi ha condotti qui. Ma è tempo ormai che ci lasciamo. Portate a tutti il mio saluto carico di affetto e di desiderio. Dite a tutti che la Santa Chiesa di Venezia mi ha accolto con amore e che io ormai le appartengo.
E così; fratelli e sorelle carissimi, il Mistero dell’Epifania si compie in mezzo a noi: io depongo la mia umile vita e tutto il mio ministero nelle mani di Maria, la Nicopeia, perché mi offra a Gesù, il Figlio suo santissimo, come un giorno gli offrì i doni dei Magi: faccia della mia vita un’offerta a Lui, per la santità di questa Chiesa, affinché Cristo sia rivelato a tutti gli uomini: a gloria di Dio Padre. Amen!
- allegati:
- Scarica il pdf, RDPV (1979) 1,114-118

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