La comunità cristiana in missione nell'Anno di grazia del Signore
- Lettera pastorale per la preparazione del Bimillenario della nascita di Gesù
- S.E. card. Marco Cè, patriarca di Venezia
- Venezia
- 18-05-1997
- 1997
Sommario
Presentazione
Parte I – L’Anno di grazia del Signore
Gesù lo proclama….
… e lo realizza
Nel tempo della Chiesa
Nella vita del discepolo
Attraverso l’Anno liturgico
Parte II – Obiettivi di fondo e punti nodali
Dal capo al corpo
«Lo Spirito del Signore è su di me»
Una Chiesa che invoca lo Spirito
«Mi ha consacrato e mi ha mandato»
I battezzati laici
Il presbiterio
I consacrati per il Regno
«Per annunziare ai poveri un lieto messaggio»
Una Chiesa viva nei suoi battezzati
Radicata nel territorio
Serva del Vangelo per tutti
Parte III – Lo svolgimento dell’Anno di grazia
L’inaugurazione
I tempi forti
L’omelia
Il dono della conciliazione
Diffondere la Parola
Luoghi di ascolto
Iniziative specifiche
Andare verso gli ultimi
In ogni ambiente
E facendo della vita un dono
Le tappe
Conclusione
Presentazione
1. La presente lettera è nata come strumento di diffusione di una proposta pastorale ed è andata trovando forma compiuta tramite il dialogo avvenuto negli incontri di lavoro con i consigli diocesani e gli uffici pastorali, fino alle recenti conversazioni che ho tenuto nelle diverse zone della Diocesi.
Essa serve a prospettare gli obiettivi sostanziali e a indicare la direzione del cammino, che siamo chiamati a percorrere per celebrare il bimillenario della nascita di Gesù e nel suo nome iniziare il prossimo millennio.
2. Il bimillenario della nascita di Gesù, celebrato con grande «giubilo» è il senso e il contenuto del Giubileo: esso sarà quindi una festa in onore di Lui, unico Salvatore del mondo.
In occasione di tale evento, per un verso o per l’altro, tutto il mondo parlerà di Gesù. Sarà un’occasione di annunzio unica, da vivere con gli atteggiamenti interiori dell’apostolo Paolo: «Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene» (si veda con molta attenzione Fil 1,12-18).
Il Signore ci offre un’occasione propizia (un kairòs) che ci apre molte strade (storica, teologica, artistica, culturale, ecc.) per parlare di Gesù e in qualche modo far risuonare il suo nome «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9): incontrare Gesù è sempre grazia, tempo di salvezza. Egli ha segnato i destini dell’umanità: anche un non credente non potrà parlare di Lui nel bimillenario della sua nascita.
3. Il titolo parla di «Anno di grazia del Signore», perché si punta sull’intero anno del Giubileo inteso proprio come «Anno di Grazia». Si tratta quindi di intraprendere una «missione lunga», nella quale l’ordinaria vita della chiesa venga celebrata in modo che esprima il massimo delle sue potenzialità: non escludendo una tre giorni o una settimana speciale (come per la forma tradizionale di «missione»), ma facendo forza sulla tensione spirituale accumulata nell’intero anno giubilare. A questo tempo, che intende celebrare straordinariamente i contenuti ordinari di grazia dell’anno liturgico, ci si prepara per due anni: essi dovrebbero aiutare a capire i tesori che sono nelle nostre mani, la grazia che fruttifica nella vita di una comunità ecclesiale e la missionarietà che da essa sprigiona.
4. La presente lettera si articola in tre parti:
– nella prima si ricava la fisionomia dell’Anno di grazia dalla pagina evangelica che narra l’inaugurazione del mistero messianico di Gesù (Lc 4,16-22), primo evangelizzatore;
– nella seconda si descrivono gli obiettivi di fondo e i punti nodali, sui quali deve misurarsi la nostra Chiesa, per divenire «viva nei suoi battezzati, radicata nel territorio e serva del Vangelo per tutti»;
– nella terza parte si delinea lo svolgimento dell’Anno di Grazia, abbozzandone i tratti essenziali, di cui tener conto nella preparazione, ma senza entrare nel dettaglio della programmazione operativa.
Parte I – L’Anno di grazia del Signore
Gesù lo proclama…
5. Per comprendere che cos’è l’Anno di grazia, prima di tutto fissiamo lo sguardo di fede sul Cristo Signore, così come ce lo presenta l’evangelista Luca in una scena emblematica, agli inizi del ministero messianico.
Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore».
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi». Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca». (Lc 4,16-22)
… e lo realizza
6. L’Anno di grazia appartiene alle promesse preannunziate dai profeti e che Gesù è venuto a compiere, instaurando il regno di Dio con segni e parole di salvezza. Il frutto della missione di Gesù, consacrato con l’unzione dello Spirito Santo, è la redenzione intesa come conversione e riconciliazione con Dio e con i fratelli e liberazione degli uomini dalle schiavitù degli idoli di oggi: il danaro, i consumi eccessivi, l’economia come valore supremo, i vari tipi di oppressioni dell’uomo, ecc…
Nel tempo della Chiesa
7. Il cuore dell’Anno di grazia è la Pasqua, cioè Cristo crocifisso e dal Padre risuscitato, presente nella Chiesa soprattutto mediante il sacramento dell’Eucaristia. Questo mistero che lega «cielo e terra» è la chiave di volta di tutto l’universo e della storia della salvezza. La Domenica ne costituisce l’«oggi» sacramentale, che contiene il compimento delle promesse di Dio:
- dalla comunione eucaristica nasce e si edifica la Chiesa, che è il fine e il frutto del corpo donato e del sangue versato di Cristo;
- in questa comunione è dato lo Spirito, che incessantemente spinge la Chiesa in missione, dandole la forza di testimoniare il Crocifisso risorto, l’autore della vita (At 1,8; 3,11; ecc.);
- infine il discepolo, trasformato ad immagine di Cristo dalla comunione al suo corpo e sangue, è chiamato a divenire memoria di Lui in una vita secondo il Vangelo e secondo il comandamento nuovo dell’amore.
Nella vita del discepolo
8. Aprirsi a tutto questo coinvolge e impegna ogni dimensione della nostra umanità e quindi anche la razionalità, illuminata dalla fede. La sequela di Gesù diventa così, necessariamente, un modo nuovo di vivere e di agire che, condiviso e trasmesso nella fraternità ecclesiale, forma una mentalità e genera una prassi: oggi diremmo «crea una cultura». Una cultura che è autenticamente umana, dato che tende ad esprimere il disegno secondo il quale Dio ha creato l’uomo (cf. Col 1,15-20). Ritengo questo fatto importante e decisivo, per non ridurre il cristianesimo a un fatto esclusivamente intimo, svuotandolo di ogni efficacia al di là di quanto avviene nella sfera personale e rendendolo quindi, in ultima analisi, socialmente irrilevante e superfluo. In tal modo l’Incarnazione stessa, cuore dell’universo, verrebbe svuotata di senso e di verità.
Attraverso l’Anno liturgico
9. Quanto andiamo dicendo non è da cercare nello straordinario, al di fuori delle «solite cose». Si trova anzi dentro l’ordinario: è il seme dell’Anno liturgico messo nei solchi del nostro tempo, di Domenica in Domenica, nelle nostre parrocchie. La sfida è di farlo fruttificare, esplicitando l’implicito. Tutto il triennio che conduce all’Anno di grazia deve essere una prolungata contemplazione del mistero di Cristo, una scoperta e un incontro con il Vivente, che ci dona lo Spirito cristificante, nel quale gridiamo «Abbà».
Gesù ci mostra il Padre e, nello Spirito, ci conduce a Lui. Ci introduce nella Trinità, ce la disvela, apre in noi gli spazi della inabitazione: egli ci guida sulla via della vita, cosicché tutto sia rivolto e proteso per mezzo di Lui al Padre in un solo Spirito (cf. Ef 2,18).
Il volto del Padre lo si vede solo nelle sembianze di Cristo, e la sua misericordia la si esperimenta nell’amore di Cristo, così come chi sia lo Spirito e come agisca, lo si conosce solo nell’incarnazione del Figlio di Dio e nell’azione sulla sua umanità, azione prolungata nella nostra anima, noi che siamo il corpo di Cristo. E tutto questo ci viene dato nel «quotidiano» della vita di fede. Il battesimo ci introduce nella famiglia di Dio: i rapporti familiari sono i più profondi, i più decisivi per ogni persona, ma anche i più semplici, realizzabili da tutti, grandi e piccoli, dotti e disabili psichici…
10. Ho un sogno: che queste cose, dette e ridette, masticate e «ruminate» per tre anni, rimangano nella memoria del popolo di Dio, diano sostanza alla sua fede e, così, si traducano in gesti e progetti di vita. In tal modo, la comunità eucaristica e la Domenica, che ne è il cuore pulsante, potrebbero essere la sorgente della santità più autentica e alla portata di tutti e del cosiddetto «progetto culturale» di cui oggi si parla.
Intenzionalmente accosto santità e progetto culturale cristianamente animato: perché non si dà santità cristiana che non fiorisca in mentalità, comportamenti e stili di vita «nuovi» (la vita di fede è «Cristo in noi, speranza di gloria» [Col 1,27], non una ideologia), né si dà autentica cultura cristianamente animata che non sia radicata nella «vita in Cristo».
Parte II – Obiettivi di fondo e punti nodali
Dal capo al corpo
11. Quello che lo Spirito ha fatto in Cristo Capo, primo evangelizzatore, spingendolo a intraprendere la sua missione (cf. Lc 4,14), oggi continua a farlo nella Chiesa, che è costituita «popolo messianico» (cf. Lumen Gentium 9). Perciò anche noi, assumendo in prima persona le parole pronunciate da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, possiamo individuare ciò che conta e va fatto crescere in vista dell’Anno di grazia del Signore. Più che di attività da organizzare è un cammino che si apre per la nostra Chiesa.«Lo Spirito del Signore è su di me»
12. Il primo obiettivo è di risvegliare i praticanti e la comunità cristiana perché, vivendo ciò che credono, possano essere anche evangelizzatori.
Questo va detto con grande forza: il Vangelo si diffonde per irradiazione da una comunità credente che sia memoria viva di Gesù. Pensare di realizzare una missionarietà, razionalisticamente programmata, è contro la natura del Vangelo, che, come abbiamo appena detto, non è una ideologia, ma memoria viva di Cristo da vivere nella comunità credente.
Ciò non significa escludere iniziative specifiche di annunzio per i lontani e non credenti, per ammalati, emarginati, carcerati ecc. Esse, anzi, andranno pensate e proposte con creatività e passione: «i poveri» sono i primi a cui annunziare la lieta notizia. Ma il «ceppo», su cui queste iniziative devono crescere, rimane la comunità credente. Senza questa tutto è assolutamente e radicalmente sproporzionato al fine da raggiungere. Su questa convinzione le idee devono essere in partenza molto chiare.
Una Chiesa che invoca lo Spirito
13. Quindi la prima urgenza è implorare lo Spirito Santo perché metta in moto un cammino di conversione. Quanto è accaduto nel giorno di Pentecoste è normativo per la Chiesa di sempre. Ogni ipotesi pastorale che non ponga questo fondamento è destinata a fallire. Bisogna prendere sul serio gli Atti degli Apostoli e credere che la Chiesa ne è la continuazione: «il quinto Vangelo».
Tale convinzione, che è fondamentale, demitizza anche il discorso dei cosiddetti «lontani». La prima cosa da fare per offrire loro una «provocazione» di fede è di farli incontrare con una comunità (senza escludere il singolo battezzato) che sia memoria viva di Cristo. È la Chiesa che dice la Parola e la testimonia (mai disgiungendo i due termini, perché Gesù è Parola viva); essa è la protagonista dell’appello di fede. Gesù nella storia di oggi è presente «in sacramento»: la Chiesa (sua memoria viva) e i Sacramenti.
«Mi ha consacrato e mi ha mandato»
14. Durante l’Anno di grazia tutta la missione dovrebbe far perno su una rete di operai del Vangelo (Mt 20,1-7), da preparare negli anni precedenti, perché ne diventino i protagonisti e poi rimangano come intelaiatura missionaria permanente. Il Vangelo ci parla dei «dodici», dei «settanta» e delle «folle». La categoria che noi vorremmo, primariamente, benché non esclusivamente, attivare per la missione, risponde ai «settanta», che dilatano e portano a compimento, con i dodici, l’opera di Gesù e l’annunziano alla gente. Pertanto a livello parrocchiale quattro realtà andrebbero particolarmente valorizzate perché costitutive del dinamismo essenziale della comunità:
- gli adulti,
- le famiglie,
- i giovani,
- i catechisti e i diversi animatori
- che sono per definizione «operai del Vangelo».
Frutto dell’Anno di grazia sarà la presenza nelle parrocchie e negli ambienti di vita di gruppi organici di battezzati a servizio della nuova evangelizzazione, facendoli maturare con il metodo del discepolato, di cui «i gruppi di ascolto» sono una possibile concretizzazione: uomini, donne, giovani e famiglie che, dove il Signore li ha collocati, portino l’assillo di condividere il Vangelo che hanno nel cuore e lo realizzino come vocazione e come ministero in nome e per conto della loro Chiesa.
I battezzati laici
15. A questo punto occorre una forte presa di coscienza dei battezzati laici. Essi devono rendersi coscienti che il Battesimo li ha resi responsabili del Vangelo, su due versanti: sul versante della evangelizzazione diretta, e su quello dell’impegno nella costruzione del futuro dell’uomo, portandovi, grazie alla luce della fede, un supplemento di umanità e valorizzando la mediazione della razionalità.
Questa è vocazione di tutti i battezzati: però l’economia dei carismi nella Chiesa è tale per cui qualcuno, avendo capito per grazia e vocazione il disegno di Dio, se ne fa sensibilizzatore e promotore in mezzo agli altri (possiamo parlare di una singolare forma di ministerialità).
La Chiesa, oltre che di presbiteri, ha bisogno di questo tipo di «laici per i laici e per la storia» vale a dire di battezzati che vivono pienamente la loro vocazione cristiana nel mondo e come costruttori dello stesso.
16. Questo discorso si fa tanto più urgente quanto più ci rendiamo conto che la nostra stagione culturale è profondamente segnata dall’influenza dei mezzi della comunicazione sociale, mai così pervasiva come oggi. Sollecitata dalle celebrazioni del bimillenario, essa, in maniera propria o impropria, rappresenterà una forte cassa di risonanza del nome di Gesù.
Un nome che non è come gli altri, ma è «al di sopra» di ogni altro nome: è il nome in cui a ogni uomo è dato di essere salvato, è il nome del Vivente e del Presente a tutti, è il nome che, da chiunque o comunque venga pronunciato, non è mai parola morta ma vivo appello a Colui nel quale, per mezzo del quale e in vista del quale ogni uomo è stato creato (cf. Col 1,15-20). Pronunciare comunque il nome di Gesù è accedere ad un mistero, che è più intimo a ciascuno di noi di quanto noi siamo intimi a noi stessi.
Nella ricorrenza bimillenaria della nascita di Gesù il suo nome riecheggerà in mille modi e in mille contesti, sarà rilanciato in tutti i linguaggi e sarà posto all’attenzione di tutti… A ben pensarci, non è mai capitato che, grazie a un fatto culturale, il nome di Gesù abbia una risonanza come quella che avrà nei prossimi anni. Questo avverrà dentro e, in misura notevolmente più ampia, fuori degli ambiti ecclesiali: qui i battezzati sono chiamati a mettersi per strada come Filippo (cf. At 8,26ss), a divenire soggetti partecipi e responsabili della comunicazione, a saper «captare» i segnali di chi cerca il senso del nome di Gesù nel mondo massmediale, cogliendo ogni occasione per dare la lieta notizia, che è il Vangelo.
Il presbiterio
17. La promozione di un laicato responsabile e attivo ovviamente non è alternativa, anzi suppone un presbiterio che divenga sempre più consapevole e capace di leggere i segni dei tempi, per il ruolo necessario che esso ha nel «fare» l’Eucaristia, cuore e sorgente di vita della comunità, per il compito di riferimento autorevole nella predicazione e per le responsabilità di guida della comunità cristiana: funzioni che vengono esercitate nel legame con il Vescovo. Nella comunità cristiana il ministero presbiterale e la vocazione/missione dei battezzati laici sono inscindibili: la loro reciprocità è condizione di vita. Perciò nell’Anno di grazia del Signore la corresponsabilità, quanto più consapevole e convinta, è un atteggiamento assolutamente necessario di autenticità ecclesiale.
I consacrati per il Regno
18. Evidentemente, in quanto vado proponendo, la presenza dei consacrati e delle consacrate per il Regno ha un significato che trascende il fatto della loro partecipazione a specifiche attività pastorali. Le religiose e i religiosi, le comunità monastiche e gli istituti secolari sono dono dello Spirito alla Chiesa anzitutto per la singolare ed esemplare testimonianza che viene resa a Cristo il Vivente, povero, obbediente e casto. In tutto quello che fanno essi svolgono un prezioso ruolo di animazione spirituale nella nostra Chiesa, aiutandola a vivere il tempo che ci sta dinanzi come un nuovo avvento.
Nella loro dedizione gratuita ciascuno possa scoprire d’essere figlio amato dal Padre, nella loro vita comunitaria ciascuno possa ritrovare il coraggio di aprirsi al fratello, nella loro fedeltà ciascuno possa condividere il desiderio dell’Amato, Gesù, l’Atteso di tutti i popoli e di ogni uomo che ha sete del Dio vivente e ne cerca il volto.
Insomma quelli che sono chiamati alla vita consacrata diventano un segno alto, che apre la strada al Vangelo, quanto più rispondono alla loro vocazione nella Chiesa e per la Chiesa.
19. In definitiva la preparazione all’Anno di grazia del Signore esige una conversione e provoca un rinnovamento sul piano ecclesiologico e sacramentale. Ciò che noi proponiamo non è altro che una forte chiamata a vedere con stupore e a fruire con rendimento di grazie ciò che già viviamo: come il cieco di Gerico a cui Gesù apre gli occhi. È chiamata a vedere che cos’è la Chiesa (quinto Vangelo e mutua edificazione nella carità), che cosa sono i sacramenti (gesti di Cristo oggi) e l’Anno liturgico (la grazia attuale dei misteri di Cristo, che ci raggiunge nel nostro esistere).
«Per annunziare ai poveri un lieto messaggio»
20. La comunità cristiana in missione è chiamata a vivere l’Anno di grazia come evento (bimillenario: annunzio di Gesù e incontro con Lui) e profezia, perché saremo spinti a realizzare un modello di Chiesa e di parrocchia per il tempo che ci sta davanti:
- una Chiesa prevalentemente protesa nella evangelizzazione «fuori le mura», imparando da Gesù a sottrarsi all’intrattenimento, uscendo per andare ad annunciare il regno di Dio (cf. Lc 4,42-44) in ogni luogo dove l’uomo vive, lavora, soffre, lotta e spera;
- e perciò fortemente impegnata nel formare dei laici evangelizzatori, come accade sempre nelle giovani Chiese, nate dalle missioni, dove i catechisti indigeni sono i veri evangelizzatori e i primi responsabili d’una elementare comunicazione e assimilazione del messaggio evangelico nella loro cultura.
Una Chiesa viva nei suoi battezzati
21. In questa rinnovata immagine di Chiesa e parrocchia per il terzo millennio, i battezzati laici diventano uno snodo necessario. Essi infatti, più di ogni vescovo o prete, vivono nella diaspora del mondo radicalmente secolarizzato, immersi nella concretezza della storia, che attende proprio loro come interpreti vivi del Vangelo, per essere redenta dalla disperazione e aprirsi alla speranza. In forza dell’unzione battesimale e crismale, che li unisce e li conforma a Gesù Cristo, essi sono spinti oggi, come fece Lui quel giorno nella sinagoga di Nazaret, ad alzarsi per pronunciare vivamente il lieto messaggio e così si compiano «oggi» le promesse di Dio in chi ascolta. Perciò quando dico «laici evangelizzatori» intendo laici che «profetizzano»:
- nella continua docilità allo Spirito, che rende «consapevoli del momento – kairòs» (Rm 13,11), perché vivono nella luce della Pasqua il loro tempo e perciò non lo disertano, né lo fuggono: anzi sanno riconoscere che «Dio ha assegnato loro un posto così sublime, e ad essi non è lecito abbandonarlo» (A Diogneto 6,10);
- con la parola (cf. Gl 3,1-5), dando ragione della loro speranza, perché non raccontano se stessi ma Colui che li ha amati e ha dato se stesso per loro (cf. Gal 2,20): nel loro comunicare testimoniano il Vivente dinanzi a tutti, perché per tutti egli è venuto, e si rendono spazio dell’incontro con Lui;
- con la professione, esercitata con passione e con competenza, perché in tutto quello che pensano, dicono e fanno, sono «nuovi», «salvati»: fanno quindi cose salvate; costruiscono una storia salvata, almeno in germe: quindi solidale, cioè radicata nell’amore, in cui l’uomo non è cosa o funzione, ma persona in relazione con Dio (a cui dà del tu).
Radicata nel territorio
22. Quanto stiamo proponendo ha un carattere eminentemente popolare, non solo perché destinata a tutte le persone del nostro territorio, ma perché tutti i battezzati ne diventino protagonisti: ognuno è abilitato a fare ciò che proponiamo dal Battesimo, dal dono dello Spirito, dalla comunione eucaristica, purché si lasci personalmente conquistare dal Signore e non nasconda il suo talento (cf. Mt 25,25).
È chiaro che ciascun battezzato, che si rende disponibile alla missione, intesa come attività pastorale specifica, farà sue due caratteristiche dei «settanta» (cf. Lc 10,1):
- metterà in atto capacità, doti e tempo, di cui Dio gli ha fatto dono, per essere «testimone ecclesiale»: i settanta infatti furono mandati «a due a due» (Lc 10,1);
- saprà determinare la sua attività in base al contesto, in cui si trova inserito, e tra le persone che incontrerà: i settanta infatti furono inviati «in ogni città e luogo».
Questo tocca anche la cosiddetta pastorale d’ambiente, la quale ha bisogno di rinnovarsi in forme specifiche di corresponsabilità, non solo valorizzando le relazioni dei laici con i pastori, ma ancor più dei laici fra di loro. Nella «diaspora» ci si può anche perdere.
23. Così inteso l’Anno di grazia del Signore altro non svolge che un processo di più intensa conversione al Signore, e di fedeltà al Concilio, promuovendo una mentalità ecclesiologica più coerente, prima di cose da fare o strutture da mettere in atto.
Ci accingiamo quindi ad attuare una messa a punto che valorizzi e, se il Signore vuole, porti a frutto tutto lo sforzo di evangelizzazione degli anni passati, soprattutto il prezioso lavoro sull’Iniziazione Cristiana «guardando gli adulti» e l’esperienza dell’Anno Marciano. Nello stesso tempo guardiamo in avanti, mettendoci in cammino verso il tempo che il Signore ci dona.
Serva del Vangelo per tutti
24. Ora due compiti si presentano alla comunità cristiana:
- un’esplicita e mirata preparazione dei presbiteri;
- la preparazione specifica di laici evangelizzatori.
L’obiettivo è che costoro, con compiti diversi, rimangano nella comunità per una ministerialità permanente a servizio di tutti. Una realtà che, proprio per il legame intrinseco con la storia e il mondo da una parte, e con i pastori dall’altra, potrebbe essere l’elemento con cui la comunità «calibrerà» sui segni dei tempi la sua pastorale di evangelizzazione, perché sia tempestiva. Così la nuova evangelizzazione si rende capace di evangelizzare il presente, rivolgendosi ad esso e non a situazioni ormai appartenenti al passato.
25. Quanto stiamo prospettando avrà efficacia, se fin d’ora rinnoveremo la scelta di servire il Signore (cf. Gs 24). E questo significa:
- credere all’adorabile persona di Gesù, Figlio di Dio, morto e risorto, unico Salvatore: colui che è ieri, oggi e sempre;
- convertirsi al suo Vangelo, rinnovando secondo esso la mentalità (prima di tutto) e la prassi, mettendo in atto un processo che inizi a fare della «comunità del Risorto» e dei singoli battezzati, in essa radicati, la memoria viva del Signore nella storia;
- essere testimoni del Risorto, rendendo ragione della speranza che è in noi con le parole esplicite della fede (confessando Gesù e non arrossendo del Vangelo), e «facendo la verità nell’amore» in ogni ambito della vita, culturale, professionale e sociale.
26. Sono questi gli atteggiamenti fondamentali con i quali la comunità cristiana è spinta dallo Spirito a fare la parola di Gesù, a tradurla in atto, a riconoscerne e proclamarne la potenza salvante e vivificante: «Oggi si è adempiuta questa scrittura…» (Lc 4,21). Nell’Anno di grazia del Signore siamo chiamati a misurarci non sulla richiesta di sicurezze umane (cf. 1Cor 1,22-25) ma sulla fedeltà a Gesù Cristo, nel quale siamo costituiti popolo messianico. Nell’adesione viva a Lui diveniamo per sua grazia «un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza» (Lumen Gentium 9) per l’umanità.
Parte III – Lo svolgimento dell’Anno di grazia
27. Quest’ultima parte rappresenta un abbozzo, in cui si colgono i tratti essenziali dell’Anno di grazia, e offre l’agenda dei lavori. Si trovano infatti gli elementi di cui bisogna tener conto lungo la preparazione, in modo da spendere bene le energie in prospettiva di formazione. Per il resto è evidente che la programmazione pastorale andrà definendosi a suo tempo nei dettagli.L’inaugurazione
28. L’Anno di grazia del Signore verrà annunciato tramite una lettera breve del Patriarca, diffusa e personalizzata il più possibile. L’inizio solenne verrà dato in San Marco con il «Mandato» ai catechisti e agli evangelizzatori.
I tempi forti
29. La struttura portante sarà l’Anno liturgico: forte, bello, gradevole… che faccia fare l’esperienza d’una comunità pasquale. Avrà tre periodi qualificanti:
- l’Avvento come preparazione all’incontro col Signore e attesa della sua venuta;
- la Quaresima come itinerario che porta alla Pasqua, ove pulsa il cuore di tutto l’Anno di grazia;
- la Pentecoste come preghiera con Maria e accoglienza docile dello Spirito per la «missione».
L’omelia
30. Speciale rilievo va riservato ad una predicazione domenicale guidata e sussidiata. La sussidiazione dovrebbe mirare non tanto a fornire prontuari di predicazione, ma alla formazione permanente, in particolare, alla «lettura eucaristica» della Parola di Dio come stile abituale di preparazione della predicazione. Una esperienza di questo tipo non solo potrebbe trasformare la nostra predicazione, ma eleverebbe la vita spirituale e trasformerebbe il presbiterio e l’intera comunità cristiana, dato che la predicazione decide e qualifica la loro vita.
Una precisazione. Quando parlo di «lettura eucaristica» alludo alla lettura che la liturgia fa della Parola di Dio come realizzantesi nei divini misteri di Cristo: Egli è il punto di arrivo delle Scritture, Cristo Capo e corpo. Lette cristologicamente nell’Eucaristia, le Scritture devono diventare «spirito e vita» della nostra esistenza. Il Regno viene lungo questa traiettoria. Quando il Regno sarà venuto, Cristo sarà tutto in noi, noi saremo pienamente «sua memoria» (corpo di Cristo) e tutte le Scritture saranno adempiute e cesseranno. Questo non implica una lettura fantasiosa (spiritualistica) della Bibbia, ma una lettura seria (scientifica), consapevole però che «il fine/pienezza della legge è Cristo» (cf. Rm 10,4 e Mt 5,17) e che l’Antico Testamento è un pedagogo che ci conduce a lui (cf. Gal 3,24).
Il dono della conciliazione
31. Durante la Quaresima si dovrà predicare la riconciliazione con Dio e con i fratelli, valorizzando l’immagine del figlio perduto e del padre che accoglie (Lc 15,11-32). È un annuncio liberante che chiama alla riconciliazione:
- riconciliazione mediante il Sacramento della penitenza;
- riconciliazione nelle famiglie (e qui bisognerebbe mettere in atto una pastorale mirata ad aiutare i coniugi a superare le loro difficoltà seguendoli caso per caso, attraverso il coinvolgimento di altri coniugi);
- riconciliazione nelle parrocchie e nella stessa Chiesa locale, chiudendo finalmente le nostre divisioni, anche latenti, ma non mai sciolte, con un impegno di riconciliazione e di perdono. Noi non vediamo le ferite di queste divisioni: di fatto esse sono una patologia della comunità, che ci insegue e produce aridità e frutti cattivi. Scontate come inevitabili le nostre miserie quotidiane, senza una sincera ed efficace volontà di comunione dentro la Chiesa locale, le comunità e il presbiterio, ogni discorso sulla pace, sul perdono, sull’unità fra i cristiani, sulla conversione… diventa miserevolmente mistificante.
Diffondere la Parola
32. In tutto l’Anno di grazia dovrà assumere grande importanza la Parola di Dio, che sola chiama a salvezza e converte e, quindi, anche il Libro che la contiene deve diventare importante. Perciò:
- si potrebbe inaugurare il cammino pastorale annuale con convocazioni prima zonali (a cui potrebbe presiedere il Patriarca) e poi riprese in ogni parrocchia, nelle quali si dà risalto all’intronizzazione del Vangelo;
- si favorirà al massimo la diffusione del Vangelo, perché non manchi in nessuna famiglia, e si farà ogni sforzo per accompagnare le persone nell’ascolto della Parola di Dio tramite la lettura corretta della sacra Scrittura;
- contestualmente si potrebbe onorare anche il Cristo Pantocrator di San Marco, per proclamare che il grande Protagonista dell’Anno di grazia è il Signore Gesù.
Luoghi di ascolto
33. In ogni parrocchia, intorno agli evangelizzatori e valorizzando il discorso forte sulla Parola di Dio, si costituiranno dei luoghi di ascolto e confronto con la Parola di Dio, di lectio divina, di catechesi degli adulti, di preghiera. Tali luoghi (da taluni chiamati «centri» o «gruppi di ascolto») dovrebbero costituire qualcosa che rimanga stabilmente come lievito per una nuova evangelizzazione.
Iniziative specifiche
34. Nel cuore della Quaresima – o anche in altro periodo – si potrebbe pensare a un triduo di predicazione (o settimana), sulla stregua della «missione» classica. È uno spazio della iniziativa e libertà delle parrocchie. Preparando molto bene gli strumenti e i modi si potrebbe anche pensare a una predicazione che si svolga in San Marco e che venga trasmessa via radio o anche per TV. Occorre ricordare che queste occasioni forti sono episodi che avranno valore solo in un contesto di evangelizzazione normale, che mette in atto una «missione lunga».
Andare verso gli ultimi
35. Bisognerà avere particolare attenzione alle fasce deboli della comunità: agli anziani in difficoltà, agli ammalati, agli extracomunitari, ai carcerati, agli emarginati (tossicodipendenti, affetti da AIDS, ex-manicomiali), alle vittime delle nuove forme di schiavitù…
Particolari iniziative andranno pensate per loro, con discrezione e finezza, perché «gli ultimi» siano evangelicamente trattati come «primi». Questa degli «ultimi» è una grande sfida: bisogna accoglierla, se vogliamo pronunciare nella verità le parole di Gesù Cristo (cf. Lc 4,18s).
Ancora una precisazione. La categoria «anziani» è complessa: ci sono gli anziani in difficoltà e molti altri che invece sono ricchi di energie e di tempo e quindi potrebbero essere disponibili per molte attività di volontariato e di evangelizzazione, anche relative a quanto stiamo dicendo.
In ogni ambiente
36. Un discorso specifico meritano gli ambienti come l’Università, il mondo della sanità e del lavoro, dei media e del turismo, ecc.
Sarà necessario pensare per loro specifiche iniziative di evangelizzazione.
37.E i cosiddetti «lontani»? Quanto siamo andati dicendo, se portato avanti nella fede in Gesù Cristo e vissuto da una Chiesa in stato di conversione (una Chiesa umile, ma sincera), non potrà non toccare i cuori e porre interrogativi «a Nicodemo».
I lontani sono figli di Dio, per lo più battezzati e con tanta nostalgia di Lui e profondi presentimenti della sua presenza; sono spesso pellegrini alla ricerca di un approdo, da rispettare e accogliere, da ascoltare a lungo, se mai Dio ci voglia parlare anche dalle loro lontananze… Pregando per loro con molta umiltà e chiedendo perdono a Dio di quei peccati che hanno deturpato nella Chiesa «la memoria di Cristo», sicché a loro la Chiesa non parla più. L’assoluto è che tutti sono da Dio amati al punto da dare per loro il Figlio, tanto desiderati e chiamati!
E facendo della vita un dono
38. Tutto lo svolgimento dell’Anno di grazia deve essere accompagnato da un impegno di carità, che va assunto consapevolmente come elemento integrante dell’evangelizzazione. Indico specialmente tre direzioni di animazione e impegno:
- potenziare il volontariato e proporlo come espressione di santità battesimale:
- potenziare e motivare l’impegno culturale, sociale e politico, radicandolo anch’esso nella vocazione battesimale;
- fare un’opera di carità: la Caritas per ogni parrocchia e un’opera diocesana.
Non perdiamo di vista che cosa è in gioco dentro a queste attività. Il discorso della carità che crea una «nuova cultura» è molto importante, perché è corrispondente alla «nuova creazione» di cui parla san Paolo, cioè «la storia pasquale». In parole feriali si vuole dire che la fede, se è autentica, deve «esplodere» nella vita, deve creare una «sintesi» fra fede e vita. Se questo è un impegno condiviso da una comunità (e non solo il fatto di un singolo), crea un movimento, un processo culturale, che poi si storicizza in stili di vita, in comportamenti, in istituzioni. In questa chiave leggo il volontariato: non solo un «gesto», ma uno stile di vita nuovo, proposto a tutti.
Questa è una esigenza di sempre. Oggi diventa una assunzione inderogabile di responsabilità cristiana, poiché viviamo in una stagione di radicale secolarismo, che ha registrato la dissoluzione della sintesi fra fede e vita. Il primo compito della comunità cristiana che nel Giorno del Signore è convocata a celebrare l’Eucaristia, che ascolta la Parola e comunica al corpo del Signore, è quello di fare sintesi fra fede e vita, una sintesi da creare nella ferialità della settimana.
39. Fin d’ora, avviandoci verso l’Anno di grazia del Signore, bisogna aprire il dialogo della comunità ecclesiale con la Città degli uomini, imparando a conoscere il territorio e il tessuto sociale che lo abita, sviluppando la capacità di ascoltare chi non crede, tracciando insieme una mappa dei bisogni materiali e spirituali. In tutto questo fare ciò che conta è:
- l’essere cristiano dentro la storia, con gli occhi, il cuore e la sapienza di Cristo;
- offrire un volto di Chiesa che, con sincera convinzione, umiltà e spirito di servizio, ascolta, impara, rettifica i suoi giudizi, è amica dell’uomo, chiunque esso sia, cammina al passo con lui e ne condivide gli sforzi di bene e la ricerca di verità.
Le tappe
40. La scansione temporale, che sta davanti a noi, è semplice:
- nell’anno pastorale 1997-98 avverrà la preparazione dei presbiteri e l’iniziale preparazione degli evangelizzatori;
- nell’anno pastorale 1998-99 verrà curata specialmente la preparazione degli evangelizzatori;
- nell’anno pastorale 1999-2000, dal Mandato fino a Pentecoste o al Natale seguente vivremo l’Anno di grazia del Signore.
Conclusione
41. In questi mesi ho inteso suscitare un cammino di Chiesa, indicando la direzione dell’impegno spirituale e del lavoro pastorale dei prossimi anni. Per realizzarlo occorrerà ancora riflettere, senza fretta, sulla proposta: coinvolgendo il più possibile e senza rinunciare a raccogliere la sfida del bimillenario della nascita di Gesù. Saremo provocati a una forte concentrazione sull’essenziale: potrebbe essere l’occasione per un discernimento diocesano circa ciò che è essenziale in ordine a un rinnovato annunzio del Vangelo.
Bisogna inoltre considerare il fatto che la programmazione del 1997-98 va nella direzione qui indicata, mentre tutti gli Uffici diocesani sono chiamati a prendere atto di ciò che si sta facendo e a sostenere uno sforzo di sussidiazione, perché presbiteri, laici e consacrati siano aiutati a cogliere il messaggio forte e portante dell’Anno di grazia del Signore. A tale scopo occorre una struttura minimale che faccia da supporto: e questo potrebbe aiutare un gruppo di preti, di laici e di consacrati a crescere.
42. Nell’esortazione Tertio Millennio Adveniente il papa Giovanni Paolo II interpreta questa nostra stagione come «tempo di avvento» e quanto vi ho scritto è in adesione a tale ottica. Ora la chiave interpretativa dell’avvento è un grande atto di fede, che il profeta Isaia esprime così:
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse
un virgulto germoglierà dalle sue radici… (Is 11,1)
Un ceppo, che tutti pensavano secco, dà un germoglio di vita: per la grazia di Dio. Questa è la sfida.
- allegati:
- Scarica il pdf, RDPV 84 (1997) 3-4, 143-157

AD3 comunicazione®